Da fedele, mi ha colpito profondamente la chiamata al cielo di Papa Francesco. Era malato, certo. Ma così all’improvviso…
Mentre guardavo i telegiornali che raccontavano questa perdita, mi sono ritrovato immerso in un mondo pieno di conflitti, tensioni, paure. E proprio lì, nel rumore delle notizie, mi è salita una domanda semplice ma implacabile:
“Se il Papa proclama la pace, allora perché si fanno le guerre?”
Una questione così semplice, così disarmante, che apre in realtà interrogativi molto più profondi. Cosa può davvero la parola di un Papa nel rumore delle armi? Dove si trova oggi la voce della coscienza? Quale responsabilità abbiamo, noi, persone comuni, nel costruire la pace?
Ho provato a dare una forma a questi pensieri, intrecciando le riflessioni personali con le parole, forti e luminose, di Papa Francesco. Una voce profetica nel buio del nostro tempo. Questo non è un articolo. È un piccolo seme. Come le sue parole.
Papa Francesco, oggi come i suoi predecessori, non ha eserciti né strumenti di potere politico diretto, ma parla al cuore dell’umanità, come guida morale, come un nonno del mondo — per usare un’immagine che molti hanno fatto propria.
Proclama la fraternità universale, il valore della dignità umana, e quella giustizia che guarisce, non quella che divide. Le sue parole, spesso pronunciate con tono mite e deciso, sono un invito costante alla pace. Eppure, le guerre continuano. I conflitti si moltiplicano. Il mondo sembra non ascoltare.
“Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato.” — Fratelli tutti, n. 261
Secondo la visione cristiana, il cuore dell’uomo è libero, ma ferito. Questo significa che ogni persona ha la possibilità di scegliere tra il bene e il male. Il Papa può proporre, indicare, ispirare. Ma non può obbligare. È ciò che spesso Francesco ricorda quando denuncia l’uso distorto della religione:
“Il problema non è la religione, ma l’uso distorto che se ne fa per giustificare odio e violenza.” — Fratelli tutti, n. 282
Le guerre non nascono da un vuoto. Sono spesso il frutto di paure, egoismi, interessi ideologici, economici e geopolitici. Dinamiche che si oppongono alla logica del Vangelo. E il Papa, pur non avendo potere politico, continua a denunciare questa logica del dominio con parole chiare.
“Mai più la guerra! Con la guerra si perde tutto.” — Papa Francesco, preghiera per la pace in Ucraina, 2022
Papa Francesco non comanda le nazioni. Non firma trattati. Non ha armate. È piuttosto una voce profetica, capace di indicare una strada, anche se stretta. È una luce nel buio, che può solo essere accolta da chi ha il coraggio di alzare lo sguardo.
E qui sta la sfida: fare la pace è molto più difficile che fare la guerra. Per iniziare una guerra basta un ordine. Per costruire la pace servono memoria, perdono, dialogo, giustizia, educazione, tempo.
“La pace è un lavoro artigianale, è un lavoro che si fa ogni giorno con la mente, con il cuore e con le mani.” — Papa Francesco, Discorso alle Nazioni Unite, 2015
Le parole del Papa, per quanto forti, sembrano a volte cadere su una terra arida. Ma in realtà sono semi. Semi di pace che possono germogliare nelle scelte quotidiane di persone, comunità, leader. E in questo risiede la speranza. Che anche una voce fragile, apparentemente lontana dai meccanismi del potere, possa orientare le coscienze verso l’incontro, la giustizia, la pace.
“La vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro.” — Evangelii Gaudium, n. 71
Forse non possiamo cambiare il mondo da soli. Ma possiamo decidere da che parte stare. Possiamo decidere se restare indifferenti o diventare, ciascuno a suo modo, artigiani di pace.
Anche questa è una scelta. Anche questa è una responsabilità.
Fonti: vatican.va – Lettera Enciclica Fratelli Tutti
