Il funnel marketing è una delle rappresentazioni più longeve del percorso d’acquisto. Un concetto potente e intuitivo, nato più di un secolo fa con il modello AIDA (Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione) di Elias St. Elmo Lewis. Da allora, questa struttura è diventata un pilastro per chi si occupa di marketing e advertising, permettendo di visualizzare il viaggio del consumatore e misurare le conversioni in modo lineare e prevedibile.
Ma c’è un problema: il comportamento degli utenti non è affatto lineare.
Negli ultimi anni, i dati hanno dimostrato che il percorso che porta un cliente dall’awareness all’acquisto non segue la traiettoria discendente di un imbuto. L’utente non passa semplicemente dal TOFU (Top of the Funnel) al MOFU (Middle of the Funnel) fino al BOFU (Bottom of the Funnel) come se fosse guidato da una forza gravitazionale.
Il funnel è ancora valido?
Più che una verità assoluta, il funnel è uno strumento di riferimento che aiuta i marketer a strutturare le campagne e a definire le metriche di performance. Ma i modelli comportamentali reali raccontano una storia diversa.
Google, analizzando migliaia di touchpoint, ha introdotto il concetto di Messy Middle, evidenziando come i consumatori non avanzino in un’unica direzione, ma oscillino tra fasi di esplorazione e valutazione, alternando momenti di ricerca attiva, confronto e procrastinazione.
Il funnel, insomma, non è morto, ma va interpretato con maggiore flessibilità.
Perché nell’advertising si parte dal BOFU
Se il percorso d’acquisto è meno prevedibile, ha ancora senso investire nel funnel partendo dalla parte alta? In advertising, i dati suggeriscono un approccio diverso: partire dal BOFU per massimizzare il ROI e scalare gradualmente.
Nel BOFU troviamo utenti che hanno già interagito con il brand: hanno visitato il sito, guardato un video su YouTube, cliccato su un post o cercato attivamente un prodotto. Sono lead caldi, più vicini alla conversione rispetto a chi non ci conosce affatto. Qui il costo per acquisizione è più basso e l’efficienza del budget è massima.
Solo quando si è capitalizzato sul pubblico già interessato, ha senso allargare il raggio d’azione verso il MOFU, intercettando utenti con un interesse latente, e infine investire nel TOFU, dove il focus è sulla brand awareness.
Strategia scalabile e controllo dei costi
Lavorare dal basso verso l’alto consente di ottimizzare il budget e rendere la crescita più sostenibile. Questo approccio è particolarmente vantaggioso nelle campagne always-on, dove la gestione del pubblico è dinamica e basata su dati in tempo reale.
In sintesi, il digital marketing non è più un processo rigido, ma un ecosistema fluido, fatto di test, iterazioni e adattamenti continui. Il funnel resta una bussola utile, ma va usato con la consapevolezza che il comportamento degli utenti è molto più complesso e imprevedibile di quanto i modelli tradizionali suggeriscano.
📊 Dati, analisi e ottimizzazione continua: la chiave per trasformare un modello statico in una strategia vincente.
